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Discriminatoria e lesiva dell’identità del figlio l’attribuzione automatica del cognome paterno

Introduzione

Con una decisione che diverrà storica, la Corte Costituzionale dichiara illegittime le norme censurate per contrasto con gli artt. 2,3 e 117 I com. della Costituzione, quest’ultimo in relazione con gli artt. 8 e 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

L’articolo

La decisione trae origine dal caso di una coppia di Lagonegro (PZ) che voleva dare al terzo figlio il cognome materno, per uniformità con gli altri due figli, nati prima del matrimonio, i quali erano stati riconosciuti prima dalla madre e per questo portavano il solo cognome materno. Il Tribunale locale aveva dichiarato inammissibili il ricorso. La Corte d’Appello aveva, invece, accolto la domanda dei genitori, sollevando a novembre 2021 la questione di legittimità Costituzionale e trovando conferma nella decisione della Suprema Corte. Cade così un tabù che la Consulta aveva già affrontato il 14.01.2021 con l’allora Presidente Giancarlo Coraggio e con Giuliano Amato come relatore. In attesa di leggere la sentenza completa, che sarà verosimilmente pubblicata nelle prossime settimane, nonché gli eventuali interventi adeguativi del legislatore e la nuova prassi burocratica, questa decisione segna un cambiamento storico per l’ordinamento italiano, nella direzione già ampiamente consolidata in altri ordinamenti europei, ad esempio quello spagnolo.

Conclusioni

La regola diventa che il figlio assume il cognome di entrambi i genitori nell’ordine dai medesimi concordato, salvo che essi decidano, di comune accordo, di attribuire soltanto il cognome di uno dei due. In mancanza di accordo tra i genitori, decide il giudice “in conformità con quanto dispone l’ordinamento giuridico”. La regola si applica a tutti i figli, siano essi nati in costanza di matrimonio, fuori dal matrimonio o adottivi.

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